lunedì 10 luglio 2017

Crolli (e) certificati



RASSEGNA STAMPA – Crolla un condominio a Torre Annunziata, otto morti.
L’8 luglio La Repubblica pubblica un pezzo molto duro di Sergio Rizzo, che polemizza con l’esultanza di Confedilizia, qualche mese fa, alla bocciatura di un emendamento che voleva introdurre a livello nazionale il fascicolo del fabbricato. La resistenza dei proprietari, secondo l’autorevole giornalista, sarebbe dovuta – più che ai costi del “libretto casa” – alla volontà di non far emergere precarietà statiche che deprezzerebbero gli immobili esaminati.
Nel giro di alcune ore Confedilizia risponde con un comunicato, altrettanto duro,
in cui difende la scelta di opporsi in ogni sede all’istituzione del fascicolo del fabbricato, che distrarrebbe “dalle vere cose da fare: controlli serrati su chi effettua interventi sugli immobili (per scongiurare i crolli derivanti da eventuali abusi) e incentivi sempre maggiori per gli interventi finalizzati alla sicurezza (anche in chiave antisismica).
Il 9 luglio un secondo articolo di Rizzo, ignorando la replica di Confedilizia, riporta le dichiarazioni di Graziano Delrio, ministro delle infrastrutture, secondo cui nella prossima legge di stabilità finanziaria verrà introdotta un’importante novità: "Com'è obbligatoria la certificazione energetica degli immobili, nei futuri contratti d'affitto e di compravendita lo sarà anche la certificazione statica". Continua Sergio Rizzo: “Da vent'anni si cerca di introdurre nel nostro ordinamento il cosiddetto libretto del fabbricato, un documento che certifichi lo stato di cose reale delle nostre case. Mettendoci per esempio nelle condizioni di sapere che cosa succede alla statica del condominio se si fanno determinati lavori di ristrutturazione: che non di rado sono la causa dei problemi. Ma i proprietari immobiliari si sono sempre messi di traverso”.
L’articolo su Delrio scatena una lunga serie di commenti sul web, uno dei quali sembra al redattore di queste note quasi definitivo: “C’è bisogno di un tecnico per certificare che una costruzione sulle pendici del Vesuvio non è sicura?
Conclude la polemica la replica di Confedilizia, che bolla come impraticabile l’idea del ministro e taccia di superficialità chi affronta l’argomento senza conoscerne la problematiche applicative concrete.


PURA DEMAGOGIA – Aggiungiamo chiacchiere a chiacchiere, con il non richiesto punto di vista di chi da oltre vent’anni lavora nella sicurezza della proprietà immobiliare, su un argomento complesso tecnicamente e giuridicamente, che non può essere banalizzato solo nell’onda emotiva di un evento luttuoso.
Se volessimo veramente, ma veramente, occuparci della sicurezza dei cittadini italiani dovremmo prendere in considerazione tutti gli episodi di abusivismo conclamato, che prescinde dalla regolarità formale e che a priori non può garantire alcuna sicurezza sostanziale. Demoliamo tutte queste abitazioni. Poi occupiamoci di tutte quelle, urbanisticamente regolari, che – come diceva il commento citato – insistono nell’area di influenza del Vesuvio e dell’Etna; quindi andiamo a vedere le zone esondabili, gli edifici costruiti negli alvei dei fiumi, sui greti dei torrenti, su frane e riporti instabili. Eliminati tutti questi fabbricati, possiamo seriamente parlare della sicurezza statica degli altri edifici che, in estrema sintesi, è legata a tre sole parole: conoscenza, competenza, controllo.

CONOSCENZA – Siccome stiamo parlando di una questione che, prima di diventare giuridica (condominio uguale diritti, ricordiamocelo sempre), nasce tecnica, qualunque tecnico esamini l’immobile deve avere i maggiori dati possibili per conoscerne il comportamento strutturale senza impossibili analisi distruttive. Quindi servono le pratiche strutturali ed edilizie del passato, materiale conservato negli archivi pubblici che devono essere consultabili in modo ragionevole. Le amministrazioni locali devono – è indispensabile, urgente ormai – ordinare i loro archivi permettendo ai tecnici ricerche non estenuanti, dalla durata a volte incomprensibile, dall’esito spesso incerto. Ordinare gli archivi, questo è un primo passo, anche se faticoso. E’ necessario istituire il fascicolo del fabbricato per rendere disponibili online gli indici delle pratiche consultabili?

COMPETENZA – Questo punto è il cuore di tutto il sistema edilizio italiano. Anche possedendo ogni documentazione disponibile ed aggiornata sull’immobile, senza una competenza specifica nei lavori da progettare ed eseguire si possono creare danni molto seri.
Purtroppo però in Italia, se per lavorare in edilizia come professionisti tecnici bisogna conseguire diplomi (geometri e periti) o lauree (architetti e ingegneri) e quindi si presume che una competenza di base nei tecnici ci sia, per aprire un’impresa edile le barriere sono spaventosamente più basse. Di fatto il legislatore pretende che un’impresa edile sia iscritta all’apposito registro della Camera di Commercio, ma non subordina la possibilità di iscrizione a precisi requisiti tecnico professionali, lasciando l’onere di verifica sul committente di ogni lavoro. Problematiche fiscali a parte, è quindi facilissimo aprire e condurre un’impresa edile: non serve dimostrare alcuna particolare abilità e questo è certamente un problema notevolissimo. Nessun architetto, geometra, ingegnere toglie fisicamente un pilastro. I lavori li fanno i muratori o pseudotali. Il fascicolo del fabbricato o il certificato di idoneità statica impediranno al muratore incompetente o diretto male (dal tecnico professionista e/o dal suo datore di lavoro) di fare danni con opere sbagliate?
L’Italia è molto varia sia nelle tipologie edilizie che nella qualità delle costruzioni, i discorsi a pioggia sono sicuramente inadeguati a trovare soluzioni. Se trattiamo di competenza, ammettiamo senza difficoltà quanto sia opportuna e consigliabile una visita di un tecnico competente in condominio, in grado di individuare con un primo esame a vista la presenza di problematiche strutturali. Ci sono professionisti in grado di valutare il quadro fessurativo di una facciata e di dirvi se le fessure siano insignificanti o preoccupanti ed eventualmente anche quali movimenti può avere subìto l’immobile. Questo sopralluogo non produce né il fascicolo del fabbricato né il certificato di idoneità statica di cui tanto si parla a Milano in questi mesi: quello che serve è un compromesso ragionevole, l’occhio esperto di una persona capace che, con una semplice relazione da tecnico abilitato, proponga di proseguire con accertamenti ulteriori o permetta di stare tranquilli sulle condizioni statiche dell’immobile. Questa è competenza applicata alla realtà del territorio e richiede spese assolutamente accettabili. Fate obbligo di legge di una perizia statica di massima: la sicurezza aumenterà e le polemiche cesseranno.

CONTROLLO – Gli uffici tecnici dei comuni italiani si lamentano spesso per la carenza di personale, ma senza controlli le normative non appaiono sufficienti.
Le leggi per realizzare opere “regolari”, impianti sicuri, lavori senza infortuni, esistono da decine di anni. Ma un organo superiore che periodicamente verifichi a campione, con frequenze non dilatate nei decenni, che le pratiche presentate siano credibili (abbiamo letto di tettoie realizzate in autonomia da una persona non vedente!) ed applicate in modo serio; che i lavori che vengono eseguiti siano rispettosi degli edifici, della loro età, dei loro criteri costruttivi; che i tecnici professionisti a fine lavori dichiarino il vero; questo organo superiore serve terribilmente per responsabilizzare tutti gli attori del processo edilizio. Perché l’ennesimo documento pagato dal committente per certificare la proprietà dello stesso committente è l’ennesima dimostrazione della distanza della politica dalle dinamiche della vita reale nella quale, quando una legge viene vissuta come balzello, la si aggira “legalmente” rendendola vana.